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I serpenti di mare
Sfogliando le vecchie cronache si potrà apprendere come sin dai tempi antichi misteriose apparizioni di grandi animali marini sconosciuti abbiano turbato la coscienza di marinai e viaggiatori. Queste ipotetiche creature, descritte nel corso degli anni con una molteplicità di forme, colori e dimensioni, sono entrate a fare parte del gergo comune sotto l'etichetta di serpenti di mare, ma nonostante diversi scienziati abbiano cercato, talvolta in modo ingegnoso, talvolta in modo surreale, di fornire loro una possibile identità zoologica, le informazioni attualmente disponibili sembrano relegare molte delle diverse presunte tipologie di serpenti di mare nel reame della leggenda.
Sebbene oggi come in passato il termine "serpente di mare" sia utilizzato nel gergo giornalistico per indicare una notizia clamorosa quanto falsa (a dimostrazione di quanto la loro esistenza sia da sempre stata ritenuta impossibile), come già accennato non sono mancati nel corso della storia, audaci naturalisti che hanno cercato (con alterne fortune) di trovare una collocazione per queste creature all'interno dei tabulati della zoologia.
Va ad ogni modo precisato (ammesso che possano esistere davvero) che anche se il termine comunemente utilizzato per parlare di questi presunti animali è quello di serpenti di mare, non è affatto detto, ed è anzi impossibile, che appartengano alla famiglia degli Ofidi, il loro nome deriva dal loro aspetto, che sarebbe più o meno serpentiforme.
Il primo tentativo di classificazione "rigorosa" fu proposto dallo statunitense Samuel Rafinesque (1819) con la sua Dissertion on water-snakes, sea snakes, and sea serpents, pubblicata sulle pagine del Philosophical magazine and journal. Rafinesque era senz'altro un "outsider" per la sua epoca, anche se non pienamente compreso dai suoi contemporanei, descrittore di oltre 6.000 specie di piante e animali, ma anche dotato di un'indole eccentrica e nevrotica che lo portava ad eccessi di fantasia nel descrivere "dal nulla" nuovi organismi, il che lo condusse con il tempo ad essere gradualmente emarginato dal mondo accademico.
Nella sua trattazione cercava di mettere ordine ai numerosi e confusi avvistamenti di mostri marini proponendo una personale classificazione nella quale (naturalmente) non lesinava nemmeno di attribuire una nomenclatura scientifica agli animali che riteneva responsabili degli avvistamenti:
- Pelamis chloronotis, un Ofide di 60 metri nativo delle coste di Terranova, dal dorso verde e dotato di gobbe.
- Megophias monstrosus, un altro vero e proprio serpente gigante delle coste del New England, lungo 30 metri, che riteneva essere imparentato con il genere Pelamis.
- Octipos bicolor, lungo 18 metri, con un diametro di 60 cm e una testa da cavallo sormontante un lungo collo, che riteneva potesse essere un sinbranchide riconducibile al genere Sphagebranchus.
- Octipos coccineus, anche detto serpente di mare scarlatto, lungo 12 metri, di colore cremisi e dalla testa "appuntita".
Anche se con il merito di essere letteralmente pionieristico, questo primo tentativo di classificazione con le sue molte bizzarie, prima tra tutti l'istituzione del genere chiamato Octipos (!), potrebbe essere frutto del desiderio dell'autore di lanciare una provocazione all'establishment scientifico dell'epoca.
Settantatré anni dopo nessuno degli animali ipotizzati da Rafinesque era stato ufficialmente scoperto e il problema del serpente di mare continuava ad arrovellare le menti degli scienziati più curiosi. Tra questi l'olandese Antoon Cornelis Oudemans, zoologo e botanico direttore del giardino zoologico dell'Aia, scopritore di diverse specie di insetti e del primate Lophocebus aterrimus, che nel 1892 diede alle stampe il corposo volume The Great Sea-Serpent, che in seguito fu definito da Heuvelmans come la base della moderna criptozoologia.
Nella sua opera Oudemans passava in rassegna 187 rapporti di presunti avvistamenti di grandi animali sconosciuti negli oceani e nei mari di tutto il mondo, non trascurando di scartare quelli ritenuti inattendibili e di passare in rassegna i casi che era stato accertato essere frutto di scherzi volontari o di male interpretazioni di animali noti come il regaleco (Regalecus glesne). Inoltre passò in esame anche la classificazione di Rafinesque, proponendo un'altra identità per l'enigmatico "serpente scarlatto". La sua descrizione dell'animale si basava infatti su di un singolo avvistamento effettuato nell'Oceano Atlantico dal capitano e dall'equipaggio di un veliero diretto a New York nella primavera del 1816. Le uniche informazioni fornite dal giornale che ne diede notizia erano però che si trattava di una creatura rossa, dalla testa accuminata e lunga circa 12 metri (Oudemans, 1892). L'ipotesi di Oudemans fu che all'origine dell'avvistamento potesse nascondersi in realtà un esemplare di calamaro gigante del genere Architeuthis sorpreso a nuotare in superficie. Nuotando a ritroso, la "testa accuminata" poteva essere in realtà la coda dell'animale (immagine in basso).
Dopo avere scartato, spiegato e ridimensionato molti avvistamenti, Oudemans proseguiva la sua trattazione studiando con attenzione i rimanenti, secondo lui considerabili attendibili, giungendo alla conclusione che la maggior parte di essi erano riconducibili ad un medesimo e solo animale: una specie ancora sconosciuta di Pinnipede cosmopolita, lungo dai 6 ai 60 (!) metri, dotato di un lungo collo e di una lunga coda, al quale in onore di Refinesque, diede il nome scientifico di Megohpias megophias. Lo zoologo olandese diventava così il primo "criptozoologo ante litteram" a proporre un mammifero come il più probabile candidato ad incarnare il serpente di mare. Ad ogni modo, anche se trattato con freddezza e indifferenza dal mondo accademico dell'epoca, il suo libro passava in rassegna, scartandole, anche possibili identità alternative, come plesiosauri e basilosauri. Se non altro almeno in questo frangente, Oudemans si dimostrò molto più saggio di diversi autori venuti dopo di lui, che fecero invece di simili ipotesi i loro "cavalli di battaglia".
Curiosamente dovettero passare altri settantatré anni prima che il serpente di mare, che aveva continuato e continuava a non essere scoperto in nessuna delle sue molteplici forme, fosse oggetto di una pubblicazione autorevole che tentasse di scioglierne l'enigma. Nel 1965 lo zoologo Bernard Heuvelmans diede alla luce, dopo anni di lavoro ininterrotto, il libro (dal titolo forse leggermente pretenzioso) Le grand serpent-de-mer. Le probleme zoologique et sa solution (il grande serpente di mare, il problema zoologico e la sua soluzione) nel quale dopo il vaglio di oltre 500 presunti avvistamenti, proponeva la sua personale soluzione all'enigma, abbracciando il modello di Rafinesque secondo il quale esisterebbe più di un "bizzarro" animale sconosciuto che attende ancora di essere scoperto negli oceani.
Trattata a volte con entusiasmo e a volte con ironia dagli esponenti del mondo accademico, quest'opera, a differenza di quelle degli autori precedenti, ebbe una grande eco ed un'enorme diffusione, tanto che fu tradotta in diverse lingue e ristampata e aggiornata in più occasioni. Escludendo animali come calamari e piovre giganti, Heuvelmans proponeva ben 9 distinte categorie, alcune delle quali racchiudevano più di un'entità zoologica, per spiegare l'origine delle leggende sui mostri marini.
Per raggiungere il suo risultato Heuvelmans disse di avere trasferito su schede perforate (il primo esempio di elaborazione elettronica), al fine di analizzarli al computer, il maggior numero possibile di dettagli estrapolati dagli avvistamenti, come posizione geografica, forma generica, lunghezza, proporzioni relative a testa, coda e collo, etc. I risultati finali soddisfarono lo scienziato, dato che apparentemente ogni tipo di serpente marino "creato" dal computer sembrava coprire in maniera credibile nicchie ecologiche distinte, vivendo in diversi luoghi e a diverse temperature e profondità.
Vediamoli nel dettaglio...
Il numero di avvistamenti per categoria provengono dall'edizione del 1975 del "Le grand serpent-de-mer".
Battezzato Megalotaria longicollis, lunga dai 4,5 ai 18 metri, sarebbe un animale cosmopolita, ma diffuso prevalentemente nell'emisfero boreale e affine agli otaridi, avente una gobba adiposa sulla schiena e un collo paragonabile a quello di un plesiosauro, sormontato da una piccola testa. Heuvelmans riprendeva così a grandi linee l'idea di Oudemans, ma ridimensionando verso il basso le dimensioni ed eliminando la lunga coda, caratteristica poco compatibile con i Pinnipedi.
Attualmente nessuna foca e otaria conosciuta possiede un collo tanto allungato e anche per quanto concerne la documentazione fossile, i dati attualmente in nostro possesso non sembrano propendere per una tendenza evolutiva in tal senso. Anche la recentemente scoperta -allo stato fossile- (ed esageratamente "sopravvalutata" da parte di alcuni criptozoologi) della "foca dal collo di cigno" (Acrophoca longirostris) (Muizon, 1981), nonostante alcune fantasiose ricostruzioni che la dipingono come un animale dal collo lungo e sinuoso (Naish, 2006), in realtà non possedeva un collo molto più lungo di quello delle attuali foche leopardo (Hydrurga leptonyx).
G. Batchelor, secondo ufficiale della "Corinthian"
* I Grand Banks sono altopiani subacquei a sud est di Terranova.
Nel 1919 l'avvocato J. Mackintosh Bell stava aiutando un gruppo di amici su una barca da pesca locale presso l'isola di Hoy (Orcadi), quando...
Battezzato Halshippus olai-magni in onore dell'ecclesiastico svedese Olaus Magnus, che nella sua opera del 1555 "History of the northern peoples" avrebbe fornito la prima descrizione di questo animale. Sarebbe un altro pinnipede cosmopolita (ad esclusione dell'Oceano Indiano e dei mari artici), lungo dai 4,5 ai 30 (!) metri, dotato di una criniera, un lungo collo, grandi occhi e una testa simile a quella di un cavallo. Molti avvistamenti sono stati registrati lungo la costa della Columbia Britannica, specialmente presso l'isola di Vancouver, dove dal 1881 al 1994 sono state raccolte 178 segnalazioni (LeBlond e Bousfield, 1995) dall'oceanografo Paul LeBlond e dal biologo Edward Bousfield, secondo i quali Caddy (nomignolo con il quale il "mostro" è diventato famoso nella zona) non sarebbe un mammifero, ma bensì un rettile (LeBlond e Bousfield, 1995), ma a questo argomento sarà dedicato un articolo apposito.
Nel mese di luglio 1857 N. Erickson, pescatore, stava navigando presso lo stretto di Georgia (Columbia Britannica), quando
Il pescatore David Miller ebbe un presunto incontro ravvicinato a sud est di Discovery Island (Washington).
Localizzato nell'Atlantico del nord, lungo dai 18 ai 30 metri, sarebbe un cetaceo arcaico (archeoceto). Il suo collo è di media lunghezza e la schiena munita di una serie di gobbe più o meno della stessa grandezza. In alcuni individui è presente una pinna dorsale triangolare all'altezza delle pinne anteriori, forse riconducibile a dimorfismo sessuale. Gli occhi sono piccoli, ma prominenti e la testa di forma ovale. L'animale è nero sulla parte superiore e bianco sul ventre, la cosa è bilobata come quella dei cetacei. E' stato battezzato Plurigibbosus novae-angliae.
Il 12 agosto 1818 Timothy Hodgkins vide uno strano animale assieme a degli amici, mentre si trovavano su un battello:
La Cetioscolopenda aelani è il più bizzarro tra i bizzarri serpenti marini classificati da Heuvelmans. Lungo dai 18 ai 20 metri sarebbe un archeoceto corazzato, le cui placche dorsali si prolungherebbero verso l'esterno, dando l'impressione che l'animale sia dotato di una lunga serie di pinne. Vivrebbe nelle acque equatoriali e subtropicali.
Secondo Heuvelmans il primo accenno a un simile animale si trova nell'opera "Histoire entière des poissons" (1558) dell'eccentrico medico francese Guillaume Rondelet, in cui è descritta la scolopendra cetacea, un animale marino che si incontra nelle Indie e i cui "piedi" funzionano come remi:
In Madagascar esistono tradizioni di un animale simile, il tompondrano, letteralmente "signore del mare". Lungo più di 20 metri sarebbe ricoperto da placche, ha la coda come quella di un gambero e la sua bocca è situata sotto la testa. Anche in Vietnam circolano leggende su di un grande animale marino il cui corpo è composto da placche, chiamato con rit, che significa "millepiedi".
Quando Heuvelmans formulò la sua ipotesi il record paleontologico dell'epoca sembrava indicare la presenza di placche ossee in alcune specie di archeoceti, ma oggi sappiamo che queste presunte placche non erano altro che fossilizzazioni di altri organismi marini. Inoltre in diversi presunti avvistamenti riportati, le pinne del misterioso animale non solo sono state descritte come mobili, ma anche dotate di moto indipendente l'une dalle altre. Nel suo In the Wake of Bernard Heuvelmans del 2008, il biologo Michael A. Woodley ritiene che la più corretta collocazione tassonomica per un animale del genere debba risiedere tra gli invertebrati, proponendo addirittura una nuova famiglia e un nuovo ordine di Miriapodi.
Recentemente l'amico fumettista e paleoartista Matteo Bacchin si è cimentato nella non facile impresa di ricostruire graficamente un simile animale scegliendo come modello un Anomalocaris, un genere con numerosi tratti comuni agli artropodi vissuto nel Cambriano.
Il 15 settembre 1921, il Dott. A Krempf, direttore del servizio oceanografico di pesca dell'Indocina, indirizzò al Prof. Abel Gruvel, direttore del laboratorio marittimo del Museo di Dinard, la seguente lettera:
Nominata Hyperhydra egedei, sarebbe un archeoceto molto primitivo confinato nelle acque di Norvegia e Groenlandia. Raggiungerebbe i 30 metri di lunghezza e il suo spetto ricorda quello di un'enorme lontra. L'ultimo presunto avvistamento risale al 1848. Heuvelmans dedicò il nome di questo serpente di mare al missionario danese Hans Egede, che nel 1734 ne fornì una descrizione a seguito di un avvistamento. Le descrizioni fornite da Egede sono state messe in discussione da Paxton (2005).
Senza specificarne troppo bene la fonte (Pontopiddan?), Heuvelmans riporta che nel 1753:
Il reverendo P. W. Deinbolt, arcidiacono di Molde, si fece garante della sincerità di quattro persone che il 28 luglio 1845, durante una battuta di pesca, si imbatterono in un serpente di mare lungo 15 metri nel fiordo di Romsdal:
Sarebbe un rettile marino lungo 18 metri confinato nelle acque tropicali. Heuvelmans non propose un nome scientifico né un'identità precisa, limitandosi ad accennare improbabili mosasauri e coccodrilli talattosuchidi.
Il 20 ottobre 1887 la nave "Sacramento" sbarcò a Melbourne proveniente da New York. Il capitano W. H. Nelson dichiarò alla stampa australiana che mentre stavano navigando in pieno Atlantico, John Hart, il timoniere, lo aveva chiamato sul ponte avvisandolo della presenza di un serpente di mare. Incredulo, il capitano cambiò idea quando giunto sul ponte vide sull'acqua
Come per i sauri oceanici anche la categoria delle anguille giganti non è riferita ad un animale specifico, ma includerebbe una serie di organismi marini lunghi dai 9 ai 30 metri dall'aspetto serpentiforme, come murene, anguille, squali dal collare (Chlamydoselachus), etc.
Per diverso tempo l'ipotesi di anguille giganti fu suffragata da evidenze empiriche molto interessanti: il 31 gennaio 1930 infatti la nave oceanografica danese "Dana" catturò nelle sue reti, nell'Atlantico meridionale, un leptocefalo (larva di anguilla) lungo 184 cm a circa 300 metri di profondità. La scoperta fu considerata di notevole valore in quanto solitamente gli individui adulti moltiplicano la loro lunghezza di diverse decine di volte rispetto allo stadio larvale. Nell'anguilla comune (Anguilla anguilla) un esemplare adulto è lungo 30 volte rispetto al proprio leptocefalo e la scoperta della nave "Dana" sembrava un ottimo sostegno all'esistenza di pesci anguilliformi di smisurata lunghezza.
Questa prova si rivelò inconsistente nel 1970, quando l'ittiologo di Miami David G. Smith identificò il leptocefalo gigante con una larva di Notacanthus, un Genere di profondità i cui individui adulti sono di poco più lunghi rispetto allo stadio larvale.
"Proceedings of the Zoological Society of London", 1906:
Descrizione di un animale sconosciuto osservato in mare al largo della costa del Brasile
di E. G. B. Meade-Waldo, F.Z.S. e Michael J. Nicoll, F.Z.S.
ricvevuto il 19 giugno 1906.
Seguono due relazioni di un grande animale marino osservato al largo della costa del Brasile, ricopiate dai diari che compilammo durante la nostra crociera sullo yacht "The Valhalla" [...]:
Un grande rettile simile a una tartaruga. Le tre uniche segnalazioni provengono da Terranova, Bombay e Soay (Galles).
Di colore giallastro, a volte striato di nero, avrebbe la forma di un girino. Avvistamenti molto poco dettagliati e poco numerosi dal 1876 al 1885.
La classificazione di Heuvelmans influenzò per molto tempo (e spesso continua a farlo tutt'ora) tutte le successive pubblicazioni di carattere criptozoologico riferite ai serpenti di mare. L'elevato numero di testimonianze, così corroboranti l'una con l'altra e la distribuzione geografica in nicchie ecologiche teoricamente plausibili, fece apprezzare il lavoro dello zoologo belga anche a molti esponenti del mondo accademico.
Nel 1996 Ulrich Magin pubblicò l'articolo "St. George without a dragon: Bernard Heuvelmans and the sea serpent" (San Giorgio senza un drago: Bernard Heuvelmans e il serpente di mare) sulle pagine del Fortean Studies, nel quale con un esame molto critico metteva in evidenza l'inconsistenza della metodologia utilizzata e della classificazione proposta da Heuvelmans. Magin notò per prima cosa come la scelta dell'inserimento di un serpente di mare all'interno di una determinata categoria piuttosto che un'altra sembrasse arbitraria e predeterminata. Spesso infatti gli avvistamenti citati da Heuvelmans all'interno del suo libro non forniscono una descrizione dettagliata di tutta l'anatomia dell'animale osservato, ma solo di una parte di essa.
Magin prese inoltre in esame il famoso caso del cosiddetto mostro di Loch Ness: applicando il metodo di Heuvelmans ai numerosissimi avvistamenti del mostro, il risultato era che quasi tutti i tipi di serpente di mare da lui classificati, erano stati osservati nelle acque del lago scozzese, eventualità assolutamente assurda che dimostrava come il metodo di Heuvelmans non funzionasse quando applicato ad uno specifico caso. Basti pensare che proprio per quanto riguarda il mostro di Loch Ness, Heuvelmans ipotizzava come possibile identità quella dell'otaria dal lungo collo, mentre Bousfield e LeBlond quella del cavallo marino.
Charles G. M. Paxton è un biologo scozzese appassionato di criptozoologia, che ha pubblicato diversi articoli dedicati ai "serpenti di mare", su riviste scientifiche. Il primo lavoro in merito, uscito nel 1998, era uno studio di biologia teorica nel quale, esaminando la curva delle scoperte di nuovi animali marini lunghi più di 2 metri effettuate dal 1830 al 1995, ipotizzava l'esistenza di ancora 47 nuove specie in attesa di essere scoperte, con una stima di una nuova descrizione ogni 5,3 anni, prevalentemente nel campo dei cetacei.
Nel 2001, questa volta sulle pagine di un organo non ufficiale, riprese mano al suo precedente studio portando a 51 le nuove potenziali specie ancora da descrivere, ma ammettendo anche che queste stime, basandosi su calcoli algebrici, potevano non avere nessun riscontro empirico:
Quasi profeticamente, poco più tardi nello stesso anno, fu descritto un nuovo zifide, il mesoplodonte di Perrin (Mesoplodon perrinii), seguito da una nuova balenottera (Balaenoptera omurai) nel 2003 e da un'orcella nel 2005 (Orcaella hainsohni). Le previsioni di Paxton sono quindi al momento pienamente confermate e per continuare ad esserlo, una nuova specie di grande animale marino dovrà essere descritta entro il 2016.
Ad ogni modo, come sottolineato dallo stesso Paxton, non sempre "descrizione" coincide con "scoperta". Spesso infatti possono passare anni prima di rendersi conto che i campioni di cui già si dispone appartengono ad una nuova specie. Ad esempio il mesoplodonte di Perrin era già conosciuto attraverso cinque diversi esemplari trovati spiaggiati tra il 1975 e il 1997, la balenottera di Omura attraverso due esemplari risalenti alla fine degli anni '70 del secolo scorso e al 1998, mentre l'Orcaella hainsohni era stata per lungo tempo erroneamente indentificata con l'orcella "comune", Orcaella brevirostris. Paradossalmente quindi, diversi campioni appartenenti a nuove specie, potrebbero in questo momento trovarsi dimenticati in qualche museo attendendo che qualcuno ne intuisca l'importanza.
Per quanto confortanti, questi elementi non aggiungono però "nulla di nuovo" al pensiero comune del mondo accademico: future scoperte di nuovi cetacei e squali sono considerate alla stregua di una certezza dai biologi marini. I serpenti di mare (nel senso prettamente criptozoologico del termine) si collocano invece in una sfera del tutto diversa, dato che le descrizioni dei testimoni oculari non permette nemmeno di inserirli (per quanto teoricamente) con certezza in nessuna delle categorie zoologiche attualmente conosciute.
Su questa problematica Paxton, con la collaborazione di alcuni psicologi, pubblicò nel 2009, sulle pagine del "Journal of Zoology", un articolo piuttosto sorprendente dal titolo "The plural of "anecdote" can be "data": statistical analysis of viewing distances in reports of unidentified giant marine animals 1758 – 2000" (Il plurale di "aneddoto" può essere "dato": analisi statistica delle distanze di avvistamento nelle segnalazioni di animali marini giganti non identificati 1758 - 2000). Incredibilmente le conclusioni del biologo furono che in molti casi i testimoni, per via della loro conoscenza della fauna marina, della distanza tra loro e l'"oggetto" sconosciuto e le condizioni atmosferiche, non avrebbero potuto confondersi con animali noti e oggetti inanimati. La possibile esistenza dei serpenti di mare (intesi come animali marini "fuori dall'ordinario"), non dovrebbe quindi essere esclusa a priori.
Molto simpatico e interessante è infine un articolo pubblicato sul suo blog nel mese di luglio del 2010, in cui spiega che "il manuale dei mostri" di un gioco di ruolo non è una buona guida per giungere a conclusioni criptozoologiche.
In sintesi il succo del discorso è che per spiegare l'esistenza di alcuni animali che forse potrebbero esistere, non è lecito inventarne molti che sicuramente non esistono affatto.
HEUVELMANS, Bernard (1975), Le grand serpent-de-mer. Le probleme zoologique et sa solution.
MAGIN, Ulrich (1996), St George Without a Dragon. Fortean Studies 4, pp223–234, 1996.
OUDEMANS, A. C. (1892), The Great Sea-Serpent. An Historical And Critical Treatise.
PAXTON, CG.M. (2009), The plural of "anecdote" can be "data": statistical analysis of viewing distances in reports of unidentified giant marine animals 1758 – 2000. Journal of Zoology 279, 381–387.
PAXTON, C.G.M (1998), A cumulative species description curve for large open water marine fauna. Journal of the Marine Biological Association of the United Kingdom 78, 1389-1391.
WOODLEY, Micheal A. (2008), In the wake of Bernard Heuvelmans.