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Criptozoologia, Zoologia, olotipi e conservazione

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Criptozoologia, Zoologia, olotipi e conservazione

quali sono le prove necessarie per descrivere una nuova specie?
Ritratto di lorenzorossi di Lorenzo Rossi - Mar, 03/07/2012 - 13:07Qui si parla di

Il Codice di Nomenclatura Zoologica impone un chiaro requisito affinché la descrizione formale di una qualsiasi nuova specie avvenuta dopo il 1930 possa essere ritenuta ufficialmente valida: la necessità di un olotipo. L'olotipo rappresenta il campione attraverso il quale la nuova specie viene descritta all'interno di un articolo e molti zoologi, ritengono, a torto (punto su cui torneremo successivamente), che possa essere rappresentato esclusivamente dal corpo completo dell'animale o da un qualunque suo frammento significativo (un cranio, una pelle, etc.). Affinché un olotipo sia ritenuto valido, quest'ultimo deve essere ufficialmente custodito presso le collezioni di un'istituzione riconosciuta ed essere provvisto di un numero identificativo per permettere di risalire ad esso con facilità. 

Sebbene la presenza di un olotipo sia indispensabile per quanto riguarda la descrizione di una nuova specie, non sempre lo è per quanto concerne invece la sua scoperta. Ad esempio il toporagno elefante dalla testa grigia (Rhynchocyon udzungwensis), descritto dall'italiano Francesco Rovero nel 2008, fu di fatto scoperto nel 2005 grazie a un'immagine ottenuta da una trappola fotografica, che aveva immortalato presso i monti Udzungwa (Tanzania), un toporagno sconosciuto più grande del 50% di ogni altra specie sino ad allora catalogata. 

Il fatto è che, di norma e come auspicato dalla maggior parte degli zoologi, la descrizione formale di una nuova specie deve richiedere il sacrifico di uno o più dei suoi rappresentanti. Bernard Heuvelmans, il "padre" della criptozoologia, ebbe a dire che la zoologia è quella disciplina nella quale un battesimo si festeggia con una morte. Ma considerazioni e posizioni morali a parte, esaminando le cose dal punto di vista della filosofia della scienza, come ci si deve comportare nei casi in cui una nuova specie è anche già in grande pericolo di estinzione? L'incremento vertiginoso della distruzione degli habitat e dello sfruttamento del pianeta  è diretta conseguenza di questo. 

Affinché una specie possa essere ufficialmente considerata in pericolo di estinzione e quindi protetta dalle leggi, deve però essere stata prima formalmente descritta e questo, come abbiamo visto, richiede necessariamente la presenza di un olotipo. Ma ha davvero senso uccidere deliberatamente individui di specie presumibilmente rimasti in numero molto esiguo, per poterli proteggere dall'estinzione? Ed è davvero una alternativa valida quella di ritardare una descrizione aspettando di trovare esemplari morti in natura? 

A questo non piccolo problema gli zoologi e biologi conservazionisti hanno da tempo ovviato preferendo risalire ai trofei di caccia delle popolazioni indigene locali, ma non sempre questo è possibile.

Va però specificato che il Codice non impone mai, in nessuno dei suoi articoli, la necessità tassativa che un olotipo debba essere rappresentato da un cadavere o da una parte anatomica. Anche se in tal senso si è aperto un acceso dibattito, esistono infatti numerose specie ufficialmente descritte, e accettate, "soltanto" sulla base di fotografie e filmati. 

Il più famoso esponente di questa linea di condotta è senz'altro Marcus van Roosmalen, famoso zoologo da campo, nonché fautore del metodo criptozoologico per quanto concerne la scoperta, descrizione e salvaguardia di nuove specie animali. Giunto in Amazzonia 35 anni fa in qualità di ricercatore senior dell'INPA (Istituto Nazionale di Ricerche Amazzoniche), il suo infaticabile lavoro sconvolse numerose delle idee che dava ormai per assodate:

Quando vidi lo ustitì dalla corona nera (Calibella humilis) che i locali portarono presso la mia abitazione a Manaus... il mio scetticismo di primatologo che riteneva impossibile scoprire nuove specie di scimmie ancora sconosciute alla scienza mi abbandonò all'istante...

Non passò infatti molto tempo prima che Roosmalen si accorgesse che l'area geografica che aveva deciso di studiare, il bacino del Rio Aripuanã, era un formidabile Hot Spot di biodiversità prima di allora totalmente sottovalutato dai ricercatori. Il contatto con i nativi e le spettacolari scoperte zoologiche da lui effettuate (sei specie di primati, una di pecari e una di porcospino descritte formalmente) lo portarono poco a poco ad avvicinarsi alla criptozoologia:

Le mie osservazioni [di nuove specie] sono sempre state confermate all'unanimità dai nativi... Da esperti cacciatori quali sono hanno notato da tempo le diverse caratteristiche morfologiche ed etologiche tra specie simili della megafauna. Secondo me mostrano un approccio ecologico alla natura. Non hanno bisogno della genetica per distinguere le loro prede. Sottovalutare o minimizzare i nativi è una cosa molto stupida da fare

L'obbiettivo principale di Roosmalen è quello della conservazione degli habitat e della biodiversità, in forte contrasto con la politica non sostenibile di concessione del territorio che il governo del Brasile sta attuando negli ultimi anni. L'impegno profuso nella sua missione lo ha portato nel 2000 ad essere nominato "eroe del pianeta" dalla rivista Time, essendo stata una delle poche voci ad avere sottolineato l'ipocrisia di leggi che da un lato perseguitano con accanimento "l'indio che mette una tartaruga in pentola per sfamare la sua famiglia" e dall'altro permettono la distruzione di migliaia di ettari di foresta per realizzare coltivazioni industriali. Lo scopo principale di Roosmalen è quindi quello di fare si che le aree dell'Amazzonia Brasiliana nelle quali a suo avviso vivono in modo esclusivo specie animali molto rare e in via di estinzione (molte delle quali non ancora formalmente descritte), ricevano una protezione totale e vengano considerate come patrimonio dell'umanità da parte dell'UNESCO. 

Purtroppo il progetto di Roosmalen è bruscamente e inaspettatamente stato interrotto il 15 giugno del 2007, quando, pagando gli aspri dissidi palesati nei confronti della burocrazia politica brasiliana,  fu arrestato per il reato di "biopirateria", con l'accusa di essersi appropriato del patrimonio scientifico e genetico del Brasile a fini di lucro. Successivamente, in seguito a un incredibile numero di proteste giunte letteralmente da ogni parte del mondo, nonché alle infondatezze dell'accusa, lo zoologo fu assolto e rilasciato dopo 57 giorni di carcere a fronte dei 14 anni previsti.

Ma nonostante questa buona notizia le conseguenze per il lavoro di Roosmalen furono disastrose: tutti i presunti olotipi "fisici" di altre potenziali nuove specie da lui raccolti nel corso degli anni, furono infatti sequestrati e distrutti. Attualmente Roosmalen, non facendo più parte di nessuna istituzione del Paese, in qualità di ricercatore indipendente non dispone dei permessi necessari per raccogliere ulteriori campioni che gli permetterebbero, forse, di descrivere formalmente le potenziali nuove specie da lui individuate, che potrebbero in questo modo godere di protezione legale. Inoltre diverse riviste scientifiche sono restie nel pubblicare le descrizioni di alcune specie delle quali era riuscito a depositare gli olotipi prima del sequestro. Roosmalen ha così deciso di inviare gli articoli al nascente Journal of Cryptozoology, una rivista scientifica dedicata alla criptozoologia.

Marcus van Roosmalen assieme ad alcuni degli olotipi di nuove potenziali specie animali dell'Amazzonia che sono stati sequestrati dalle autorità governative
I revisori dei miei articoli inviati, descriventi, ad esempio, il lamantino nano (Trichechus pygmaeus sp. Nov.), il mazama pallido (Mazama tienhoveni sp. Nov.) e il paca gigante (Agouti silvagarciae sp. Nov.) li hanno rifiutati, anche quando includevano buone fotografie in cattività o in natura, olotipi (crani e pelli) depositati in rinomate collezioni zoologiche, e altri elementi come l'analisi della sequenza e del genoma del DNA mitocondriale, la collocazione filogenetica e il tempo di divergenza stimato (quantificabile in milioni di anni). In tutti questi casi gli editori mi hanno incoraggiato a rispedire l'articolo... dopo che avessi raccolto ulteriore materiale biologico. Dato che la grandezza del campione (un solo olotipo*) era "troppo bassa", così dissero, per giustificare una nuova specie. Sebbene io sia incline a violare la mia etica e i miei principi autoimpostomi per quanto riguarda il rispetto della mia ricerca sulla biodiversità, per il bene della scienza potrei raccogliere (=uccidere/sparare) quache ulteriore campione di specie di nuovi mammiferi che sono già sull'orlo dell'estinzione (ad esempio ritengo che siano rimasti meno di 100 lamantini nani in natura e nessuno in cattività), ma facendo questo rischierei di essere rispedito in carcere, e questa volta con accuse reali di ciò che i politici chiamano in Brasile "biopirateria". Così ho deciso di inviare qualcuna delle mie descrizioni di nuove specie al Jorunal of Cryptozoology, nonostante il fatto che miei co-autori pensino che una simile pubblicazione possa essere nociva per "la mia / loro reputazione". Così mi hanno chiesto che i loro nomi non fossero citati. Bizzarro, dato che ora risulta che ho condotto le analisi genetiche personalmente... Io mi sono esclusivamente limitato a cercare di pubblicare le specie delle quali avevo precedentemente depositato gli olotipi prima di essere perseguitato e licenziato dal mio lavoro di ricercatore senior presso l'INPA. La mia impressione è che ci sia stata pressione sui revisori affinché respingessero gli articoli, ma ovviamente non posso dimostrarlo. Nel caso del lamantino nano (che se mai fosse accettato per la pubblicazione rappresenterebbe la scoperta del secolo), uno dei revisori di Nature ha commentato che il cranio che avevo depositato presso l'INPA era chiaramente appartenuto ad un giovane e che io avrei dovuto limitarmi ad occuparmi delle "mie scimmie". In ogni caso in seguito abbiamo studiato in cattività un maschio adulto, lungo 130 cm, per oltre quattro mesi in un'ansa recintata del Rio Arauazinho, tenendolo in vita con Eleocharis minima, una pianta acquatica del suo vicino habitat naturale. Si nutriva delle piante solo quando venivano fissate sui letti poco profondi, nutrendosi in posizione di nuoto orizzontale, proprio come fanno i lamantini marini. Le mie lamentele specifiche nei confronti delle riviste è che, oltre tutte le prove (simpatria con le specie conosciute più strettamente correlate, riprese video o fotografche, pelli e crani depositati in un rinomato museo, numero di riferimento della collezione, sequenza del DNA mitocondriale eseguita correttamente, tempo di divergenza stimato in 1 – 2 milioni di anni, interviste con i locali che confermano l'esistenza della specie, avvistamenti in natura con i miei occhi, dati sulla dieta e sul comportamento alimentare) cos'altro può fare un autore per dimostrare l'esistenza di una creatura? E ancora gli editori e i revisori mi spingono ad incrementare il numero degli olotipi**! In altre parole di ritornare in luoghi inaccessibili e perlopiù remoti e di sparare ad altri esemplari dagli alberi! E poi trasportare e donare i campioni in un museo ed essere accusato di reato di biopirateria. Io penso che i giornali scientifici e i loro revisori debbano tenere tutto questo in considerazione, voglio che siano consapevoli che la politica e l'avidità ostacolano la scienza e mettono a repentaglio la conservazione della natura in Amazzonia. Se misurati con gli standard del governo brasiliano i più grandi biopirati dell'intera storia dell'Amazzonia sarebbero Henry Walter Bates, Alfred Russel Wallace, Spix & Martius, Alexander von Humboldt, Spruce, Darwin, e non uno come me che non ha mai ucciso un solo mammifero... nemmeno per il bene della scienza. Spero che il Journal of Cryptozoology sarà disposto a pubblicare le mie descrizioni del paca gigante, del lamantino nano e del mazama pallido. Forse così le autorità ambientali del Brasile mi concederanno una licenza per la raccolta (baratto delle specie abbattute dai cacciatori nativi in cambio di polli surgelati) di nuovi campioni di olotipi*** del giaguaro nero dalla gola bianca, del tapiro nano, di due nuovi pecari, di 20 nuove scimmie, di un secondo coati, del formichiere arboricolo gigante, di un altro agouti, di un cervo, di un terzo delfino di fiume, etc

La domanda di fondo rimane la seguente: qual è il comportamento che la scienza deve adottare nei casi in cui la ricerca è oggettivamente resa difficile? Va poi tenuto in considerazione che la descrizione formale di una nuova specie non è eterna e immutabile: in zoologia le revisioni sono una prassi e succede continuamente che taxa ascritti ad una specie conosciuta risultino invece essere entità indipendenti e viceversa. Se quindi in futuro la raccolta di un maggior numero di campioni permettesse di stabilire che alcune o tutte le potenziali nuove specie individuate da Roosmalen fossero di fatto ascrivibili al range di variazione individuale di taxa già catalogati, questo non rappresenterebbe di certo uno scandalo o un qualcosa senza precedenti. D'altro canto invece, l'estinzione di una nuove specie prima della sua descrizione formale risulta essere un danno irreversibile per la conservazione, al quale sarebbe impossibile porre rimedio. 

 

Note

*, **, *** - Anche se Roosmalen parla al plurale, lasciando intendere l'esistenza di più di un olotipo per singola specie, di fatto l'olotipo è sempre e soltanto uno. Gli altri esemplari della stessa specie raccolti, considerati e conservati al momento della descrizione vengono definiti paratipi.