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La balenottera di Giglioli

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La balenottera di Giglioli

lo strano incontro di un naturalista
Ritratto di lorenzorossi di Lorenzo Rossi - Lun, 04/03/2013 - 09:30Qui si parla di

Il 4 settembre 1867 il naturalista italiano Enrico Hillyer Giglioli (che in seguito sarebbe divenuto direttore del Museo Reale di Zoologia di Firenze), mentre si trovava a bordo del veliero Magenta come membro di una spedizione scientifica attorno al mondo, osservò un singolarissimo cetaceo durante il tratto di navigazione tra il Perù e il Cile:

[...] mentre io stava per ritirare la reticella che avevo attaccato al parapetto di ferro della scala reale, fui scosso da un subitaneo fruscio immediatamente sotto di me, seguito da uno spruzzo di vapore condensato o di acqua minutamente divisa che potrei quasi dire di aver sentito, perchè lasciò l'impronta bagnata sul fianco della nave quasi fino al luogo dove io era; nello stesso tempo apparve il dorso grigio-verdastro di un grande Cetaceo, il quale, cosa notevolissima, mostrava due pinne dorsali bene sviluppate, erette, triangolari, separate da un grande intervallo apparentemente liscio. L'animale non pareva punto spaventato della nostra prossimità, eravamo in bonaccia e l'elice era sospesa; esso rimase per quasi un quarto d'ora accanto alla corvetta, onde potei, col confronto, fare un calcolo abbastanza esatto della sua lunghezza che certo non poteva essere lontana dai 18 metri; lo spazio tra le due pinne dorsali era circa 2 metri. In tutto quel tempo io potetti esaminare quella Balenottera quasi a volo d'uccello, e ne feci uno schizzo. La testa non era più larga del corpo, era ristretta anteriormente terminando in un rostro arrotondato; la mandibola sporgeva al disotto, ma non molto. Il vertice del capo era convesso e carenato sino alla regione nasale, ove la carena sembrava biforcarsi per difendere le narici, che mi parvero di forma semilunare. Il corpo, veduto da sopra aveva forme snelle ed allungate, era molto compresso dietro la seconda dorsale per poi espandersi nei lobi della coda, di medie dimensioni. Il colore di tutte le parti superiori era un grigio-verdastro, più scuro sulla parte anteriore del dorso e sulle pinne. Quando l'animale mi comparve dinanzi, muoveva lentamente la mascella inferiore come in atto di formare un bolo di qualcosa già imprigionato entro lo steccato naturale formato dai suoi fanoni. Avevamo incontrato Salpe in abbondanza; intorno ad esso vidi nuotare un numero di Pesci che sembravano essere Naucrates e Caranx, astuta genìa che segue le navi ed i grandi Squali, ma che ben di rado si lascia prendere
Giglioli, 1870

Consapevole dell’eccezionalità dell’esemplare, Giglioli si calò in mare con una scialuppa per potere osservarne meglio i particolari.

Vedendo quel Cetaceo in apparenza così mansueto, furono fatti dagli ufficiali vari preparativi per tentarne la cattura, mentre il Comandante Arminjon faceva mettere a mare un battello acciochè potessi dare più da vicino un'occhiata alla mia nuova conoscenza. Tutto ciò procedeva naturalmente nel massimo silenzio e sul lato opposto della nave; il nostromo aveva frugato abbasso onde rinvenire un'arpone e metter insieme una adeguata lunghezza di fune robusta, mentre il capo-cannoniere aveva pian piano fatto correre fuori uno dei nostri cannoncini d'ottone per il caso si presentasse l'occasione di un buon colpo, ma non potè essere abbassato tanto da portare sulla vittima desiderata; la quale cominciando senza dubbio ad intendere l'interessamento di cui diventava oggetto, si volse alquanto sul fianco destro per dare un'occhiata al suo grande vicino la Magenta; ed io ebbi l'opportunità di completare le mie osservazioni sui suoi caratteri esterni. Tutte le parti inferiori erano di un grigio biancastro che passava impercettibilmente nel colore più cupo di quelle superiori; non potei vedere alcun segno delle pieghe cutanee longitudinali sulla gola e sul petto, così cospicue nelle altre Balenottere; l'occhio era piccolo e lo distinguevo benissimo; i fanoni erano scuri, ma si vedevano poco, la bocca essendo quasi chiusa. La pinna pettorale sinistra, che apparve per un momento sopra la superficie del mare, era falciforme e più lunga che non nelle Balenottere tipiche. In quel momento io vedeva perfettamente le due pinne dorsali: ambedue erette irregolarmente triangolari, col margine anteriore molto gradamente inclinato, quello posteriore quasi perpendicolare; la punta in entrambe era arrotondata e leggermente uncinata. La prima, posta a metà distanza tra le narici e la coda, era notevolmente più grande della seconda. Il battello era stato intanto ammainato e vi entrai sperando ancora di poter vedere più da vicino la nostra Amphiptera, mentre alcuni dei miei compagni, che avevano messo insieme più di 50 braccia di fune e trovato un'arpone irrugginito, si lusingavano ancora di riuscire a catturarla. Ma quando ci staccammo dalla nave, l'animale si era immerso affatto, spaventato forse dal rumore dei remi; dopo un dieci minuti ricomparve lontano, si tuffò nuovamente e siccome la notte si avvicinava non potemmo più vederlo. Questa singolare Balenottera non venne più incontrata, nè mi risulta che altri l'abbia sinora veduta onde non mi rimane che ad esprimere la speranza che l'Amphiptera venga ritrovata ed in condizioni da poter confermare quanto io vidi e completare lo studio di un Cetaceo così interessante
Giglioli, 1870

Lo zoologo eseguì accurati disegni della balenottera misteriosa, per la quale propose il nome di Amphiptera pacifica. Questo avvistamento possiede ottimi elementi per potere essere considerato a dir poco interessante. In primo luogo l’assoluta competenza dell’osservatore, che diresse per diversi anni il Museo Reale di Zoologia di Firenze e che aveva fatto dello studio dei vertebrati marini la propria specializzazione. Inoltre le condizioni climatiche e la distanza ravvicinata si rivelano estremamente favorevoli per un avvistamento in mare e Giglioli, che fu anche un apprezzato ornitologo e fotografo, diede prova nelle sue numerose pubblicazioni, di grande precisione e spirito di osservazione. Alla luce di quanto esposto ciò che più colpisce è quindi l’estrema singolarità del cetaceo osservato, specialmente in virtù del fatto che possedeva due pinne dorsali, caratteristica sconosciuta per questo ordine di mammiferi, dato che le specie attualmente catalogate ne possiedono una oppure nessuna.

E' bene comunque specificare che al contrario di quelle pettorali, le pinne dorsali dei cetacei non sono arti modificati, ma formazioni di tessuto connettivo il cui scopo principale è la stabilizzazione dell'animale durante il nuoto e quindi, a rigor di logica, la misteriosa balenottera non rappresenterebbe un'impossibilità biologica anche al di fuori della mera casistica teratologica. In tale senso, anche se molto sporadicamente, uno "sdoppiamento" della pinna dorsale è stato documentato nelle megattere (Megaptera novaeanglie). Ad esempio il 31 gennaio del 2013, durante una crociera a largo delle Hawai promossa dalla Whale Pacific Foundation, Herb Hartmann scattò diverse fotografie a un esemplare maschio che esibiva un "abbozzo" di seconda pinna dorsale (immagine a sinistra).

È quindi possibile che anche la balenottera avvistata da Giglioli possa essere spiegata ricorrendo a una malformazione? Per prima cosa le pinne dell'Amphiptera, oltre ad essere ben formate e sviluppate, erano anche vistosamente separate l'una dall'altra da una distanza di circa due metri, il che le farebbe rientrare all'interno di una casistica di mutazioni non ancora documentata, mentre in secondo luogo presentava anche un'altra serie di caratteristiche morfologiche molto insolite. Il problema alla base della teoria teratologica è quindi il seguente: se si fosse trattato di un individuo affetto da una mutazione, a quale specie di cetaceo poteva appartenere?

La risposta più interessante a questo interrogativo è probabilmente quella proposta da Cameron A. McCormick, già coautore di un'interessante ipotesi per spiegare il "cucciolo" di serpente di mare catturato dal capitano Hagelund. A suo avviso infatti il migliore candidato possibile per l'insolito avvistamento di Giglioli è il meno conosciuto e più misterioso rappresentate dei misticeti: la caperea (Caperea marginata).

Per via dell'esiguità di avvistamenti in mare (meno di 25), di questo cetaceo non si possiede né una stima della popolazione né l'areale di distribuzione, che pare comunque limitato alle acque temperate dell'emisfero meridionale. Gli spiaggiamenti sono stati documentati in Argentina, Isole Falkland, Numibia, Sudafrica, Cile, Australia e Nuova Zelanda. A parte due casi eccezionali (80 individui avvistati a sud dell'Australia nel 1996 e 14 individui osservati a sud della Nuova Zelanda nel 2001), le osservazioni riguardano perlopiù uno o due esemplari, a volte in associazione con altre specie di balene e delfini, in particolare globicefali e balenottere minori. Il soffio molto debole e modesto inoltre, rende difficili gli avvistamenti in lontananza.

 

Caperea marginata (in alto) e disegno dell'Amphiptera pacifica realizzato da Giglioli (in basso). I disegni non sono in scala.

Secondo McCormick, dato che la caperea fu descritta soltanto 21 anni prima dell'avvistamento di Giglioli, e che dopo questa data le conoscenze su di essa restarono a lungo molto rudimentali, è possibile che il naturalista italiano non sia riuscito a riconoscere questo cetaceo. La mandibola fortemente arcuata e l'assenza di strie golari sono infatti compatibili sia con la Caperea marginata che con l'Amphiptera pacifica, ma le somiglianze sembrano fermarsi qui.

Le pinne del cetaceo descritto da Giglioli sono infatti grandi e a forma di falce, mentre quelle della caperea sono piccole e arrotondate. Il rostro dell'Amphiptera pacifica è molto largo, mentre quello della caperea è stretto e allungato. Ma soprattutto, la caperea raggiunge una lunghezza massima di 6,5 metri (uno dei nomi con cui è conosciuta è balena franca pigmea) mentre la balenottera osservata da Giglioli ne misurava 18. McCormick giustifica questa discrepanza adducendo al fatto che le stime delle dimensioni di un oggetto in mare risultano molto difficoltose (cosa assolutamente vera in mancanza di un punto di riferimento) e che lo stesso Giglioli, durante il medesimo viaggio, aveva attribuito a una megattera una lunghezza di circa 30 metri, mentre gli esemplari più grandi conosciuti raggiungono "soltanto" i 18 metri. L'Amphiptera rimase però al fianco della corvetta per ben 15 minuti in condizioni di mare calmo: un tempo e una distanza più che ottimali per avere una buona stima della lunghezza dell'animale.  

Esiste inoltre un brevissimo accenno a un presunto avvistamento di un cetaceo simile risalente al 1983, avvenuto nel Mare Mediterraneo in prossimità della Corsica. E' stato riportato dallo zoologo Jaques Maigret nel 1986 all'interno di una sua pubblicazione riguardante i cetacei della costa occidentale dell'Africa, ma purtroppo le informazioni fornite risultano molto scarne:

Il 17 luglio [...] l'equipaggio di un'imbarcazione a vela lunga 13 metri disse di avere avvistato un grande animale marino che seguiva la nave: possedeva due pinne dorsali, una testa trapezoidale e un ventre bianco. Non era una balenottera, di cui avevano precedentemente osservato numerosi individui
Maigret, 1986

Ma in mancanza di elementi più sostanziosi l'ipotesi di McCormick merita senz'altro di essere tenuta in considerazione in qualità di ragionevole spiegazione del misterioso incontro di Giglioli.

Bibliografia essenziale

GIGLIOLI, Enrico Hyller (1870), Note intorno alla distribuzione della fauna vertebrata nell'oceano prese durante una viaggio intorno al globo, 1865-1868. Giuseppe Civelli, Firenze.
MAIGRET, Jacques (1986) Les ataces sur les Cotes Ouestafricaines: encore quelques imigmes! Notes Africaines, no 189, Janvier: 20-24
RAYNAL, Michel and SYLVESTRE, Jean-Pierre (1991), Cetaceans with two dorsal fins. Aquatic Mammals Journal 17.1: 31-36
ROSSI, Lorenzo (2012), Criptozoologia, animali misteriosi tra scienza e leggenda. Vol. 1 mammiferi