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La leggenda dell'onza

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Puma "atipico" fotografato in Belize nel 2002
Approfondimenti

La leggenda dell'onza

la lunga storia di un animale nato dal folklore
Ritratto di lorenzorossi di Lorenzo Rossi - Dom, 25/06/2017 - 09:12Qui si parla di
Puma "atipico" fotografato in Belize nel 2002

Attualmente in Messico vivono due felini di grandi dimensioni: il puma (Puma concolor) e il giaguaro (Panthera onca), ma i primi cronisti spagnoli ne segnalarono un terzo, diverso dai primi due, descritto con zampe lunghe e sottili e apparentemente conosciuto dagli aztechi con il nome di cuitlamiztli (gatto ingordo).
In epoche successive, a quello che parrebbe essere il medesimo animale, fu assegnato il nome di onza da parte dei coloni spagnoli stanziati nelle regioni a nord ovest del Messico.

La prima menzione riguardante questo felino, sembra risalire al 1757 per mano del missionario gesuita tedesco Ignaz Pfefferkorn, che racconta di come

l’animale che gli spagnoli chiamano onza è nella forma quasi uguale all’animale precedentemente descritto [riferendosi al puma]. Ha però un corpo più lungo, che è anche visibilmente più magro e sottile
Pfefferkorn, 1757

Dopo Pfefferkorn altri due ecclesiastici, Johann Jakob Baegert e Francisco Javier Claviego, riportarono informazioni simili. Secondo il primo

i leopardi assomigliano alle tigri quasi in tutto... Le onze hanno corpi più lunghi dei leopardi (1)

mentre Claviego accenna a

un certo animale selvaggio simile nel colore ai leoni americani, sebbene meno in carne di questi, che gli spagnoli... impropriamente chiamano onza
L'onza nel presente

Segnalazioni apparentemente più interessanti risalgono all’epoca moderna, ad esempio nella primavera del 1926, il cowboy C. B. Ruggles uccise una presunta onza presso il Rio Yaqui, della quale scattò qualche fotografia al cadavere senza però conservarlo. Pochi anni dopo il naturalista americano J. Frank disse di avere abbattuto un animale simile, ma la pelle di quest’ultimo, che aveva conservato, sarebbe stata divorata dai vermi.

Nel 1944 A. Starker Leopold, figlio dell’ecologo conservazionista americano Aldo Leopold, condusse uno dei primi studi sui grandi mammiferi messicani, compiendo ricerche sul campo per oltre dieci anni, interrogando cacciatori e biologi locali. Il suo lavoro culminò con la pubblicazione dell’opera Wildlife of Mexico: the game birds and mammals, all’interno della quale dedicò un piccolo accenno anche al misterioso presunto felino:

Nel Messico occidentale dal sud di Sonora sino a Nayarit, ci sono voci persistenti su di un altro grande felino che non è né il puma, né il giaguaro... È chiamato onza (oncia) e si dice abbia all’incirca la taglia e la costituzione di un puma, ma con leggere striature sulle spalle. Altre caratteristiche dell’onza sono le orme allungate (piuttosto che rotonde come tipico negli altri felini)... Un simile animale non è mai giunto nelle mani degli zoologi tassonomi e finché un esemplare non sarà procurato e determinato distinto dalle altre specie conosciute, l’onza deve rimanere allo stato di mito, anche se di mito molto intrigante

Diversi anni dopo Robert E. Marshall, un residente di Phoenix, Arizona, che si era appassionato al mistero dell’onza al punto tale da impiegare gran parte delle sue attività extra lavorative nella sua ricerca, intervistò Ruggles circa l’esemplare che avrebbe abbattuto oltre trent’anni prima, inserendo il resoconto e le fotografie all’interno di un libro che pubblicò nel 1961, ma purtroppo quanto emerso, sia a livello fotografico che di testimonianze dirette, risultò alquanto poco credibile.

Ruggles informò Marshall che altri due americani erano con lui il giorno in cui uccise il misterioso felino: James Smith e Nils Larsen, provenienti dal Colorado. Nel gruppo era inoltre presente un airedale terrier di nome Sandy.
Dopo diversi giorni di viaggio a cavallo, fu allestito un campo in un canyon della Sierra Madre presso una zona prosciugata del Rio Yaqui nello stato di Sonora. Quando gli uomini si svegliarono il giorno dopo, mentre si apprestavano a preparare la colazione, notarono stupefatti alcune grandi impronte di felino non lontane dai loro sacchi a pelo. Uno degli uomini posò un piattino di ceramica sopra una di esse e quest’ultimo era grande quasi quanto l’impronta: 13 cm di diametro.

Successivamente si resero conto che Sandy era scomparso e dopo un’ispezione dell’accampamento furono ritrovate tracce di sangue sopra il sacco di iuta che era stato il giaciglio del cane durante la notte. Gli uomini decisero di seguire le tracce del predatore giungendo sulla cima di una mesa (2), dove  trovarono il cadavere di Sandy ricoperto da una pila di foglie.
Il suo assassino gli aveva spezzato il cranio con un solo morso e questo spiegava la mancanza di rumori quando l’attacco ebbe luogo. Era chiaro che l’aggressore aveva nascosto il cadavere del cane per consumare in seguito il proprio pasto e così gli uomini decisero di ritornare all’accampamento per prendere alcune trappole che avevano portato con loro, nonostante quest’ultime fossero più piccole di quelle comunemente utilizzate per catturare puma e giaguari. Ne piazzarono tre vicino al corpo di Sandy mimetizzandole con cura e, vista la mole della preda, le incatenarono assieme per poi fissarle a un grosso albero nelle vicinanze.

All’alba del mattino seguente Ruggles imbracciò la sua carabina e si diresse verso la cima della mesa udendo distintamente il tintinnio delle catene delle trappole. Decise così di ritornare indietro chiedendo ai suoi compagni di armarsi e seguirlo, pensando di avere catturato un grande giaguaro, ma quando i tre uomini arrivarono sul posto scoprirono che si trattava invece di un puma gigantesco.
Ma la bestia non arretrò dinanzi ai cacciatori come questi animali sono soliti fare: appena Ruggles si avvicinò, il felino gli balzò contro, cadendo pochi istanti dopo per via delle catene delle trappole che ne arrestarono lo slancio.

Ruggles posa di fianco alla presunta onza da lui abbattuta nel 1926

Dopo avere abbattuto lo strano animale, il gruppo lo portò a fatica all’accampamento dove fu appeso a un grosso albero ed esaminato con attenzione. Il suo corpo e la sua coda erano molto lunghi e la sua schiena insolitamente scura. La sua testa era straordinariamente robusta, tanto che Ruggles la definì simile a quella di un vitello. Collo e torace erano spessi e i quarti posteriori gracili. Alcune macchie scure erano visibili all’interno delle gambe dell’animale.

A questo punto un gruppo di nativi giunse dal sentiero, esclamando che gli americani avevano abbattuto una grande onza. Poco dopo un anziano che camminava aiutandosi con due bastoni si unì alla comitiva. Esaminando l’animale, all’inizio ritenne che si trattasse di un puma, ma dopo un’attenta osservazione concordò sul fatto che si trattava di un’onza, dando la sua personale spiegazione sull’origine della rara bestia: l’onza era l’incrocio tra una femmina di puma e un maschio di giaguaro. I cacciatori non conservarono la pelle né altre parti del felino, ma Larsen aveva con sé una macchina fotografica e scattò qualche immagine dell’animale.
Purtroppo queste fotografie, sebbene non eccelse, mostrano in modo sufficientemente chiaro quello che sembra essere un puma ordinario (oltretutto di dimensioni nemmeno troppo cospicue) che non presenta nessuna anomalia anatomica visibile, come ad esempio la testa massiccia paragonata da Ruggles a quella di un vitello.

Nonostante palesemente priva di ogni fondamento, la storia raccontata da Ruggles riporta il primo tentativo noto di spiegare l’origine dell’onza, che in questo caso specifico sarebbe stata un ibrido tra puma e giaguaro.

L'ibrido impossibile

Benché poco conosciute se non nei casi più famosi, come ad esempio quelli delle gigantesche ligri, incroci tra leoni maschi e femmine di tigre, le ibridazioni tra felini, anche di generi diversi, sono alquanto numerose e documentate, ma esclusivamente all’ambito delle esperienze dei giardini zoologici. In natura infatti, dove ogni animale occupa una nicchia specifica e la competizione per la sopravvivenza delle specie è pressante, simili eventualità sono sicuramente più uniche che rare.

Limitandoci ai casi conosciuti che hanno avuto per protagonisti i puma, si segnalano diversi episodi di ibridazioni tra questi ultimi ed esemplari di leopardo (Panthera pardus) agli inizi del 1900 esibiti allo zoo di Amburgo, mentre nel 1993 Gérard Dubost e Jean-Yves Royère segnalarono sulle pagine di Zoo Biology un ibrido tra un maschio di ocelot (Leopardus pardalis) ed una femmina di puma appartenenti a una collezione privata.

Un "pumapardo" esibito allo zoo di Amburgo nel 1900 @ Karl Shuker http://karlshuker.blogspot.it/2014/07/pumapards-and-lepumas-unusual-feline.html

Non esiste invece nessun caso documentato di incroci tra puma e giaguari, se non quello del presunto ibrido che sarebbe stato abbattuto dal famoso cacciatore Sacha Siemel (3) in Mato Grosso, nella prima metà del XX secolo: aveva una corporatura robusta e macchie marroni su di un manto fulvo, con una striscia scura lungo la schiena.

Individui giovani e subadulti di puma, possono mantenere tracce della maculatura che caratterizza i cuccioli della specie

Un animale dalla colorazione molto simile fu fotografato in Belize nel 2002 (immagine a sinistra) da una trappola fotografica, ma non sembra mostrare altro che un esemplare subadulto con un’anomala conservazione della maculazione che i cuccioli di puma (al pari di quelli dei leoni), possiedono prima di raggiungere l’età adulta. È quindi molto probabile che lo stesso fenomeno possa essere stato alla causa del presunto ibrido abbattuto da Siemel.

Il colpo di scena

Probabilmente l’evento più famoso riguardante l’onza è però quello che vide coinvolti due famosi cacciatori dell’Arizona, i fratelli Dale e Clell Lee, all’epoca richiestissimi dai proprietari terrieri per l’abbattimento di puma e giaguari che frequentavano i loro possedimenti.

I Lee avevano già sentito i locali parlare del mitico animale, ma non presero mai la cosa sul serio sino al 1938, quando uccisero nello stato di Sinaloa un felino più lungo, ma più esile di un puma, dotato di orecchie e arti molto lunghi. Stando al loro resoconto l’animale possedeva zampe allungate e non arrotondate come quelle dei felini comuni, e gli artigli di quest’ultime non erano completamente retrattili. Assolutamente certi che non poteva trattarsi di nulla che avessero già visto prima, annunciarono la loro scoperta ritenendo che sarebbe stata di grande interesse per gli zoologi, ma la loro storia, sebbene accompagnata da fotografie, non fu presa sul serio e subirono forti critiche dai quotidiani locali.

I fratelli Lee hanno mantenuto vivo, più di chiunque altro, il mito dell’onza in epoca moderna. In questa foto posano assieme all’esemplare ucciso nel 1938

Dopo questi fatti l’enigma dell’onza cadde nel dimenticatoio, sino a che, il primo gennaio del 1986, Andres Rodriguez Murillo disse di averne abbattuto un esemplare e di averne conservato il corpo nella sua integrità.

Murillo si trovava a caccia di cervi assieme all’amico Ricardo Zamora, quando verso le 22:30 osservarono gli occhi luccicanti di un grande animale che inizialmente scambiarono per un cervo. Dopo avergli sparato si accorsero che era in realtà un felino, ma non un giaguaro, quanto invece un puma apparentemente insolito. I due uomini non erano cacciatori professionisti né grandi conoscitori della fauna locale, ma si ricordarono che diversi mesi prima, alcune persone dell’Arizona avevano visitato l’area chiedendo ai locali informazioni riguardanti felini dall’aspetto inconsueto: si trattava di Richard Greenwell, segretario della Società Internazionale di Criptozoologia e di Robert Marshall.

Ricordandosi che gli americani avevano avuto contatti con l’esperto cacciatore Manuel Vega, decisero immediatamente di rivolgersi a lui per mostrargli l’animale abbattuto, che quest’ultimo identificò senza indugi come il cadavere di un’onza, essendo in tutto e per tutto uguale a un presunto esemplare che suo padre aveva ucciso dieci anni prima e del quale Vega aveva donato il cranio a Greenwell.

Il cacciatore contattò altre persone della zona che negli anni avevano mostrato interesse nei confronti del leggendario animale, riuscendo infine, dopo sole 17 ore dalla sua morte, a preservare il corpo del felino in un congelatore di un’azienda di pesca locale.

Dopo essersi assicurati della messa in salvo del prezioso reperto contattarono la Società Internazionale di Criptozoologia, che decise di avvalersi dell’aiuto dell’esperto di puma Troy Best dell’Università del Nuovo Messico, che aveva recentemente portato a termine la titanica impresa di misurare i circa 1.600 crani di puma presenti nelle collezioni museologiche del Nordamerica. Alla squadra si aggiunse anche Ned Gentz, esperto in tecniche di elettroforesi (4).

Ma purtroppo, nonostante le ottime premesse, i fatti che si svolsero di lì a poco contribuirono notevolmente a creare contrasti all'interno della Società Internazionale di Criptozoologia e a minare l'immagine del suo segretario.

La presunta onza che infiammò gli animi della Società Internazionale di Criptozoologia
Ipotesi azzardate

Secondo Greenwell, che diede ampio spazio alle sue considerazioni personali all’interno della Newsletter della Società (che al contrario della rivista ufficiale era totalmente gestita e diretta da quest’ultimo), l’autopsia del cadavere, una femmina adulta, confermava ogni aspetto delle tradizioni locali: l’animale possedeva un corpo gracile, lunghe zampe sottili e una lunga coda. Le orecchie, lunghe 10 cm, apparivano molto più grandi di quelle di un puma ordinario e all’interno delle zampe anteriori erano presenti delle piccole striature orizzontali. Il peso dell’animale era di circa 27 kg, molto inferiore al range di una femmina di puma adulta, che varia dai 36 ai 60 kg, mentre la lunghezza del corpo, 186 cm, rientrava nella norma, anche se la coda, di ben 73 cm, era molto più lunga di quella di una femmina di puma delle stesse dimensioni. Le zampe dell’animale erano però uguali a quelle di un puma e le unghie erano retrattili.

In attesa dei risultati di esami più specifici, Best e Greenwell, sicuri che si trattasse di una nuova specie, cercarono di attribuire un’identità zoologica al cadavere, decidendo di verificare un’affascinante (ma anche molto azzardata) ipotesi proposta nel 1984 dall’esperto di felini Helmut Hammer della Johannes Gutenberg Universität...

Nel 1979 il paleontologo Daniel Adams descrisse, sulle pagine di Science ,l’Acinonyx trumani (5), da lui ritenuto un ghepardo americano estintosi circa 12.000 anni fa, i cui fossili erano stati ritrovati in Wyoming.

Hammer, che aveva letto la descrizione dell’onza fatta dai fratelli Lee, si convinse che doveva trattarsi dello stesso animale e non esitò a diffondere una lettera negli ambienti accademici di Europa e America in cui illustrava questa sua azzardata considerazione. Ma purtroppo successivi esami comparativi delle ossa dell’onza e dell’antico felino, dimostrarono l’infondatezza di questa teoria.

L'identità dell'onza

Dopo due anni di totale silenzio, durante i quali furono mosse molte critiche a Greenwell e Best circa le loro considerazioni affrettate sul cadavere della presunta onza, le cui fotografie sembravano non mostrare altro che una femmina di puma messicano priva di qualunque tipo di anomalia (6), Greenwell pubblicò una comunicazione secondo la quale non erano emerse nuove informazioni perché sia lui che Best erano stati molto occupati con altri impegni, ma anche che i risultati dell’elettroforesi avevano stabilito che non c’erano differenze significative tra la presunta onza e un puma ordinario. Nonostante ciò concluse la comunicazione insistendo sul fatto che questo esito non era definitivo e che le ricerche sarebbero continuate.

Diversi anni dopo, nel 1995, la Società Internazionale di Criptozoologia, tra lo sconcerto generale dei suoi membri e dei suoi iscritti, non aveva ancora preso una posizione ufficiale sulla faccenda, così l’autore Neil Carmony, che stava realizzando un libro sull’onza, contattò telefonicamente Greenwell, il quale gli rispose che il National Cancer Institute di Washington aveva effettuato esami del DNA sui tessuti del felino abbattuto da Murillo, i cui risultati erano perfettamente compatibili con quelli di un comune puma. Ma ancora, nonostante questa ennesima smentita, Greenwell si disse convinto della validità dell’onza come specie a parte, indicando il fatto che quei tipi di analisi non erano sempre precisi al 100%.

Soltanto un anno dopo il giornale ufficiale della Società pubblicò finalmente un articolo conclusivo, nel quale veniva definitivamente dimostrato che il felino messicano che tanto aveva fatto discutere, non era altro che un Puma concolor.

Una spiegazione etnozoologica

Alla luce dei fatti risulta quindi chiaro che l’onza non è altro che una leggenda locale dell’area settentrionale del Messico: ogni volta che si è potuto esaminarne presunti cadaveri, reperti o fotografie, questi ultimi si sono sempre dimostrati compatibili con dei puma convenzionali e non esiste nessuna ragione geografica, etologica e biologica per ipotizzare l’esistenza di una terza grande specie di felino in queste zone.

Le dichiarazioni dei fratelli Lee, che probabilmente all’epoca avevano avuto più esperienze con puma in natura di qualunque altro cacciatore o zoologo, con la loro descrizione di un animale dotato di unghie non retrattili, rimangono il caposaldo dei sostenitori dell’onza, ma esaminando le loro considerazioni attraverso gli occhi del cacciatore escursionista e non con quelli di un tassonomo, possono emergere molte ragionevoli spiegazioni alternative.

Quando abbatterono la presunta onza, i Lee avevano già visto una moltitudine di puma nordamericani, ma erano giunti da poco in Messico del nord e probabilmente rimasero spiazzati osservando esemplari dalle caratteristiche più prossime a quelle dei puma degli ambienti tropicali: quella che agli occhi di uno zoologo sarebbe stata una semplice variante geografica di una stessa specie, agli occhi di un cacciatore sarebbe potuto essere un animale insolito e diverso da ogni altro visto prima di allora.

Non va inoltre dimenticato che il promuovere l’esistenza dell’onza con tanta insistenza ebbe anche degli effetti alquanto vantaggiosi per la loro carriera di cacciatori: John Dale, tassidermista di Tucson, rivelò che i Lee gli dissero che alla fine di una battuta di caccia in Messico, se un cliente era riuscito ad abbattere soltanto un puma poco in carne piuttosto che un ambito giaguaro, era sufficiente metterlo al corrente del fatto che in realtà aveva catturato la preda più rara e ambita di tutte, una leggendaria onza, affinché quest’ultimo cambiasse velocemente di umore...

Note

(1) I coloni erano soliti riferirsi al puma utilizzando il termine leopardo e al giaguaro utilizzando il termine tigre.

(2) Altopiano roccioso tipico del Colorado e del Messico.

(3) Sacha Siemel (1890 - 1970) è stato tra i più noti cacciatori del XX secolo, divenuto famoso per la sua abilità nell’abbattere giaguari utilizzando una lancia.

(4) Metodo di analisi delle proteine, in cui una corrente elettrica attraversa una superficie bagnata dove sono state posizionate le particelle da esaminare. Prima dell’avvento delle più moderne analisi del DNA, questo metodo veniva utilizzato per valutare, in base al comportamento delle proteine, i gradi di affinità tra le specie animali.

(5) Attualmente conosciuto come Miracinonyx trumani, era un antico antenato del puma, che per un fenomeno di evoluzione convergente possedeva caratteristiche fisiche simili a quelle del ghepardo africano.

(6) I puma meridionali e delle zone tropicali sono notoriamente più gracili di quelli delle aree geografiche più fredde. 

 

Bibliografia

AA. VV. (1986), Onza specimen obtainded. Identity being studied. The ISC Newsletter, Vol. 5 No. 1
AA. VV. (1985), Two new onza skulls found. The ISC Newsletter, Vol. 4 No. 4.
CARMONY, Neil B. (1995), Onza! The Hunt for a Legendary Cat. High-Lonesome Books. Silver City, New Mexico.
DRATCH, Peter & ROSLUND, Wendy (1993-1996), Molecular genetic identification of a mexican onza specimen as a puma (Puma concolor). Cryptozoology, 12:42-49.
HUTCHINS, Ross E. (1977), Trails of Nature’s Mysteries: the life of a working naturalist. Dodd, Mead. N.Y.
LEOPOLD, Arnold Starker (1944), Wildlife of Mexico: the game birds and mammals. University of California Press.