Nessie e terremoti: una teoria disastrosa
La storia delle presunte prove, fotografie, aneddoti ed avvistamenti del leggendario "mostro" di Loch Ness è stata dagli anni '30 a '70 dello scorso secolo la grande protagonista del panorama criptozoologico, ma sin troppo spesso le informazioni inerenti questo caso sono state male interpretate, ignorate, manipolate ed affrontate con superficialità sia dai sostenitori dell'esistenza di una popolazione di grandi animali sconosciuti nelle gelide acque del lago scozzese, sia dagli scettici più categorici.
Nessie (come il mostro è stato affettuosamente soprannominato dagli scozzesi) è stata senz'altro una delle mie prime passioni criptozoologiche, sin da quando in tenerissima sentii parlare per la prima volta di lei in una puntata del telefilm "Il Santo" (in cui il personaggio letterario Simon Templar prendeva vita interpretato dal grande Roger Moore), mi appassionai immediatamente alla possibilità che un plesiosauro (che a quei tempi ritenevo a torto un dinosauro) fosse potuto sopravvivere in un lago (che ai tempi ritenevo a torto inaccessibile e remotissimo) sino ai giorni nostri.
Purtroppo il passo successivo, quello cioé di recuperare libri sull'argomento, sfociò nel più totale insuccesso: ai tempi non erano stati tradotti o pubblicati in italiano volumi in merito e dovetti limitarmi a collezionare con cura certosina tutti i ritagli di articoli di giornale sui quali riuscivo a mettere le mani e che custodisco a tutt'oggi tra i miei archivi.
Con il tempo le cose cambiarono notevolmente e grazie soprattutto all'avvento di internet potei acquistare e leggere la maggior parte della documentazione esistente sino ad approdare in carne ed ossa sulle rive del lago di cui tanto avevo letto e fantasticato. Oggi posso dire senza alcun timore di non credere all'esistenza del mostro di Loch Ness. Le ultime scoperte in campo zoologico e biologico e l'impressionante mole di pubblicazioni inerenti questo lago (una bibliografia di oltre un centinaio di pubblicazioni che spaziano dalla geologia alla zoologia, dalla botanica all'idrologia che lo rende probabilmente uno dei più studiati al mondo) hanno sciolto come neve al sole, nel corso degli anni, tutte le ardite possibili identità zoologiche e spiegazioni fisiche formulate per spiegare la realtà dell'enigma del lago scozzese: plesiosauro, zeuglodonte (antenato degli attuali cetacei), anfibio gigante, sirenio, otaria dal lungo collo, caverne e tunnel subacquei e così via...
Tuttavia, una teoria o spiegazione apparentamente scettica trova spesso consensi anche quando il razionale che ne sta alla base non poi così solido.
Tornando all'argomento principale di questo articolo, risale a qualche anno fa la notizia che il geologo italiano Lugi Piccardi avrebbe spiegato le origini delle leggende sul mostro di Loch Ness con fenomeni geologici ed emissioni gassose... Ecco a grandi linee quanto lo studioso spiegò ad una conferenza tenutasi ad Edimburgo stando a "La Repubblica" del 28 giungo 2001:
Loch Ness si trova lungo la linea di faglia di Great Glen, "molto grande e molto attiva" e i movimenti sismici sono in grado di provocare quel ribollire di acque e quei tremori di terra che accompagnano i racconti delle apparizioni di Nessie. Del resto nella "Vita di Columba", scritta dal biografo medievale Adamnano, si racconta di una bestia "che viveva nelle profondità del fiume" e che a volte appariva "con grandi tremori".
"Ci sono numerosi fenomeni sulla superficie dell'acqua che possono essere collegati alle attività della faglia" dice Piccardi che con questa analisi ha risolto un mistero agli scozzesi ma anche assestato un bel colpo alla leggenda. "Se si prende in considerazione il latino che usa Adamnano la bestia appare 'con grandi tremori' e quando scompare lo fa 'scuotendosi'. Penso sia una descrizione piuttosto chiara di quel che stava in realtà accadendo".
"Sappiamo che quello fu un periodo (anni '30, riferendosi al periodo del grande "boom" degli avvistamenti del mostro) di particolare attività della faglia - ha spiegato Piccardi all'uditorio scozzese - quanti pensarono di aver visto un mostro in realtà avevano visto sull'acqua gli effetti provocati dalle scosse telluriche".
Quanto può esserci di vero in questa teoria a prima vista ineccepibile? E cosa significa "prendendo in considerazione il latino che usa Adammano"? Che quest'ultimo ha scritto in modo dozzinale e il suo stile si presta ad interpretazioni? Davvero il testo parla di una bestia che se na va via "scuotendosi"? Prima di cercare di rispondere a questa domanda è però necessario fare un passo indietro nel tempo, sino al 565 d.C., data in cui -secondo alcuni- si colloca il primo avvistamento documentato di un grande animale acquatico nelle acque del Loch Ness. Ad imbattersi nella creatura è niente meno che San Columba (in latino "Columbae") abate del monastero di Iona e questo incredibile incontro è stato (o sarebbe stato) messo nero su bianco dal biografo Adomman nel suo "Vita Sancti Columbae" redatto nel 690 d.C.
Per prima cosa ho reperito il testo orginale in latino -riportato per intero a fondo pagina- che ho in seguito sottoposto all'esame del latinista Enrico Paci, che ha provveduto alla traduzione di seguito riportata.
Come in altre circostanze, quando il Santo uomo si intratteneva per qualche giorno nella provincia dei Pitti, considerò necessario attraversare il fiume Nesa. Avendone raggiunto la riva, scorse alcuni abitanti che seppellivano un poveretto. Come riferivano costoro, una sconosciuta bestia acquatica lo aveva portato via poco prima, mentre nuotava, addentandolo con un morso crudelissimo.
Alcuni che sopraggiungevano in barca avevano recuperato, anche se troppo tardi, il suo misero cadavere per mezzo di lunghi uncini. Al contrario il Santo uomo, udendo queste cose, chiede che qualcuno dei compagni, capace di nuotare, riporti a lui, navigando, la navicella che si trovava sulla riva opposta.
Udito quanto chiedeva il Santo e lodevole uomo, e incurante di tutto, Lugneo Mocumin sfila la tunica e deposto il vestiario, si mise in acqua. Ma la belva che in precedenza contro la preda si era non tanto saziata quanto eccitata, si nascondeva nelle profondità del fiume e, sentendo l'acqua al di sopra agitata dal nuotatore, emerse all'improvviso e, agile in acqua, si diresse con le fauci spalancate e con un gran ruggito verso l'uomo che nuotava in mezzo al corso d'acqua.
Allora poiché tutti i presenti, tanto stranieri quanto abitanti del posto, erano paralizzati da incontenibile terrore, il Santo uomo che vedeva tutto ciò invocò il nome di Dio e, dopo avere tracciato in aria il segno salvifico della croce, comandò alla bestia feroce dicendo: "Non avanzerai più oltre e non toccare quell'uomo; ritorna rapidamente indietro".
E proprio in quell'istante la bestia, udita questa voce del Santo, come tirata indietro da funi, fuggì spaventata a ritroso con una ritirata ancora più veloce dell'attacco. [...] Allora i fratelli vedendo che la bestia era fuggita e il commilitone Lugneo era ritornato illeso e senza danno verso di loro sulla barca, glorificarono Dio con gande ammirazione nel Santo uomo. Ma anche i barbari pagani che assistevano al fatto, spinti dalla grandezza di quel miracolo che avevano visto di persona, esaltarono il Dio dei cristiani.
Ho poi fatto al Professore domande sul latino utlizzato in questo testo, sentendomi rispondere che la stesura e lo stile sono ineccepibili. Infine gli ho rivelato il significato che alcuni attribuiscono al testo e su quanto fosse possibile interpretarlo come bolle gassose che provocano il ribollire della superficie dell'acqua. Stando a paci una simile interpretazione è fantasiosa quanto quella di un mostro acquatico, specialmente perché la parola "fremitu" in latino non viene utilizzata per descrivere un boato generale, ma è appositamente associata al ruggito di un animale. Traspare poi dal testo che l'apparizione della misteriosa bestia è stata qualcosa di improvviso ed inaspettato. Non si parla di un animale che si credeva vivesse in quelle zone e che andasse a caccia di tanto in tanto, ma di un qualcosa apparso all'improvviso ed all'improvviso fuggito, probabilmente un "pretesto" per arricchire la biografia del santo con quella che oggi definiremmo una "nota di colore", ma ad ogni modo descritto e narrato con l'intento ben preciso di parlare di un animale in carne ed ossa.
Da notare infine che il teatro degli eventi non è stato il Loch Ness, ma bensì il fiume "Nesa" (cioé il fiume Ness, che collega il lago al mare).
Oltre a questa interpretazione "umanistica", vi è però anche una lacuna di ben altro tipo nell'interpretazione di Piccardi. La più vistosa -come è stato fatto notare dai geologi inglesi che pur non credono nel mostro di Loch Ness, ma soprattutto dal ricercatore scettico (nel vero senso del termine) per eccellenza Adrian Shine- è che in realtà i presunti avvistamenti moderni del mostro non coincidono affatto con il verificarsi di fenomeni sismici e che negli anni '30 le scosse telluriche furono di intensità troppo irrisoria per provocare effetti visibili in superficie. Le possibili cause degli ipotetici avvistamenti del mostro possono trovare spiegazioni in fenomeni ben più plausibili e meno fantasiosi (per una breve carrellata dei quali è possibile consultare un altro mio articolo in merito cliccando qui).
Il Prof. Enrico Paci, laureato in filosofia all'Univeristà di Urbino, da anni si dedica ad iniziative tendenti allo studio ed alla rivalutazione di documentazione storica in latino con particolare riferimento alla letteratura umanistica. Nel 1997 ha parteciapto alla realizzazione del volume "La battaglia del Metauro - Tesi e Ipotesi" curando il reperimento degli antichi testi classici e la loro traduzione dal greco e dal latino, inerenti al tema della Seconda Guerra Punica. Nel 2000 ha curato la traduzione della documentazione e delle perizie in latino relative al processo di beatificazioen del Beato Sante Brancorsini su richiesta dell'Archivio Storico dei minori conventuali della Marche. Attualmente collabora con la Dottoressa Elisa Guarino, storica dell'arte, allo studio e tradizioni delle iscrizioni latine nei motivi ornamentali delle opere d'arte nel territorio marchigiano.
Caput 28: De Cujusdam Aquatilis Bestiae Virtute Orationis Beati Viri Repulsione.
ALIO quoque in tempore, cum vir beatus in Pictorum provincia per aliquot moraretur dies, necesse habuit fluvium transire Nesam: ad cujus cum accessisset ripam, alios ex accolis aspicit misellum humantes homunculum; quem, ut ipsi sepultores ferebant, quaedam paulo ante nantem aquatilis praeripiens bestia morsu momordit saevissimo: cujus miserum cadaver, sero licet, quidam in alno subvenientes porrectis praeripuere uncinis. Vir e contra beatus, haec audiens, praecipit ut aliquis ex comitibus enatans, caupallum, in altera stantem ripa, ad se navigando reducat. Quo sancti audito praedicabilis viri praecepto, Lugneus Mocumin, nihil moratus, obsecundans, depositis excepta vestimentis tunica, immittit se in aquas. Sed bellua, quae prius non tam satiata, quam in praedam accensa, in profundo fluminis latitabat, sentiens eo nante turbatam supra aquam, subito emergens, natatilis ad hominem in medio natantem alveo, cum ingenti fremitu, aperto cucurrit ore. Vir tum beauts videns, omnibus qui inerant, tam barbaris quam etiam fratribus, nimio terrore perculsis, cum salutare, sancta elevata manu, in vacuo aere crucis pinxisset signum, invocato Dei nomine, feroci imperavit bestiae dicens, Noles ultra progrdi, nec hominem tangas; retro citius revertere. Tum vero bestia, hac Sancti audita voce, retrorsum, ac si funibus retraheretur, velociori recursu fugit tremefacta: quae prius Lugneo nanti eo usque appropinquavit, ut hominem inter et bestiam non amplius esset quam unius contuli longitudo. Fratres tum, recessisse videntes bestiam, Lugneumque commilitonem ad eos intactum et incolumem in navicula reversum, cum ingenti admiratione glorificaverunt Deum in beto viro. Sed et gentiles barbari, qui ad praesens inerant, ejusdem miraculi magnitudine, quod et ipsi viderant, compulsi, Deum magnificaverunt Christianorum.